Abbazia

La si scorge appena, dalla strada che da Santa Margherita conduce a Portofino, protetta com’è dalla densa e ricca vegetazione della macchia mediterranea. Una stradina in salita – poco prima di Paraggi – conduce all’antico complesso.

Lecci, pini di Aleppo, eriche arboree, frassini, bagolari. Nel sottobosco arbusti dalle foglie sempreverdi di filliree, poi alloro e liane. Al sole corbezzoli e fiori di cisto e ad aprile campanelli bianchi dell’aglio. Sul lato a monte, le “fasce”, quel susseguirsi di terrazze tipiche del paesaggio ligure, ancor oggi coltivate a ulivo: è la vegetazione del Monte di Portofino, la stessa del giardino abbaziale della Cervara. Dal dialettale “Servea”, al latino Sylvaria, fino a “Cervara”: un luogo selvaggio e boscoso, com’era nel Medio Evo, com’è oggi. Ma vi è anche chi sostiene che il toponimo sia legato alla moltitudine di cervi (Cervaria) della zona.

Qui, a picco sul mare, sorge La Cervara, epifania dello spirito.
La sua origine  risale all’estate del 1361, quando venne posata la prima pietra per la costruzione del nuovo monastero dedicato a San Girolamo. Autori del progetto e primi abitanti furono i monaci benedettini ai quali, nel corso dei secoli successivi, si deve l’enorme prestigio raggiunto in tutta Europa. Si narra delle visite di Francesco Petrarca, Santa Caterina da Siena, dei papi Gregorio XI (1376), Urbano VI e Pio VII; e, ancora, di don Giovanni d’Austria, il famoso condottiero che sconfisse i Turchi a Lepanto (1574), del letterato Alessandro Piccolomini e di Guglielmo Marconi. Le tracce più consistenti sono quelle della prigionia di Francesco I re di Francia, che sconfitto a Pavia nel 1525 da Carlo V di Spagna, fu qui imprigionato in una torre-prigione a strapiombo sul mare, da cui si gode una splendida vista del Golfo del Tigullio.

Il Quattrocento e il Cinquecento furono per il cenobio i secoli di maggiore splendore: se ne scorgono le tracce nell’impianto architettonico della chiesa, nello splendido chiostro quadrangolare e in alcuni ambienti del monastero. La torre cinquecentesca, nei pressi dell’ingresso, fu costruita nel secolo XVI, a difesa dai saccheggiatori saraceni. Ma la Cervara resistette a ben altro, comprese le terribili vicende rivoluzionarie di fine Settecento con la conseguente soppressione degli ordini monastici e l’abbandono del monastero da parte dei benedettini. All’inizio dell’Ottocento tornò a nuova vita, grazie a una colonia di monaci Trappisti venuti dalla Francia, per poi essere nuovamente abbandonata per alcuni anni e, infine, sottomessa alla Diocesi di Chiavari che la mise in vendita nel 1859. Iniziarono così i passaggi a diverse proprietà. Dopo la presenza di altri gruppi religiosi – i Somaschi a fine Ottocento e i Certosini all’inizio del Novecento, la Cervara fu definitivamente destinata a dimora privata a partire dal 1937.

Dichiarato Monumento Nazionale dal 1912, il complesso della Cervara ha trovato rinnovato vigore grazie al progetto di ripristino che ne salvaguarda l’aspetto paesaggistico, conservando assetto e destinazione d’uso originari. A partire dal 1990 – anno in cui fu acquisita dall’attuale proprietà – sono stati avviati importanti lavori di recupero e di restauro, condotti con la supervisione della Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici della Liguria, su progetto dell’architetto Mide Osculati, con l’intervento per il restauro pittorico di Pinin Brambilla Barcilon, la celebre restauratrice del Cenacolo di Leonardo.